L'attempato commesso viaggiatore non avrebbe facilmente dimenticato quel viaggio.
Come una donna di facili costumi si concede a molti uomini, erano circa venti anni che la sua giacca si stazzonava in un lussurioso sfruculiamento con i sedili di numerosi pullman sulle articolate e a tratti artistiche tratte stradali ed autostradali isolane.
E di gente strana ne aveva incontrata, con alcuni di questi era pure diventato amico dopo che gli avevano offerto abbondante pane e tumazzo.
Ma difficilmente avrebbe dimenticato la potente scena hollywoodiana di quel corpulento trentino-quarantino che, all'imbocco della rotonda di via Oreto, dal fondo del prummann riuscì ad attirare l'attenzione del conducente, circa 30 file più avanti, nel momento in cui esplose una sorta di rosario laico e vagamente blasfemo, in cui svariate invocazioni di santi, madonne, e ricorrenze varie si accompagnavano ad un florilegio di termini semicolti a metà tra la micologia e l'ornitologia, il cui senso non lasciava àdito a dubbi.
L'originale articolazione verbale delle espressioni di disappunto del Dottore Horus per il gran ritardo dava l'impressione di una sorta di canto sacro-erotico di epoca greco-classica, in cui evidenti richiami fallici si mischiavano ad espressioni sacrali.
Il commesso viaggiatore avrebbe giurato di aver pure udito lo scatto di una fotocamera provenire dalla fila davanti, dove una splendida turista tedesca poco prima sonnecchiava incurante delle proprie cosce al vento.
"I cutò ti stricano suitta l'archiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!". La risposta di Collas non si fece attendere :"Hai cchiù cuoinna tu che un panaro di vavvaluceeeeeeeeee, cosa inutileeeeeeeee e intamatoooooooooooooo!". Gustandosi ad occhi semisocchiusi il tanghino che placidamente gracchiava dall'autoradio, Collas ridacchiava sotto i baffi complimentandosi con sè stessa per come aveva rintuzzato quell'automobilista cafone.
Certo, pensava tra sè e sè, in effetti stare ferma in sesta fila ad aspettare l'arrivo del prummann da Catania non era il massimo di beneficio per la circolazione locale.
Quando vide arrivare l'imponente sagoma rossa del prummann (gli venne da pensare alla notoria megalomania dei catanesi, che tentavano di spacciare per una rombante ferrari il placido mastodonte della Sais), tirò un sospiro di sollievo, elevando mentalmente un pensiero di ringraziamento a Santa Rosalia Piazzolla per la scampata multa.
Appena scesa la scaletta, il Dottore Horus s'addrumò immediatamente una sucaretta, non mancando di scaricare l'ultima litania di santioni ornitologici (come se fosse una specie di grottesco san francesco pagano) questa volta all'indirizzo dell'Anas, del Governo regionale, del Presidente della Repubblica e del Segretario delle Nazioni Unite.
Con la prontezza di spirito di chi sta per evitare una catastrofe, Collas si precipitò su quel surreale San Francesco pagano e fumante (con notevole disappunto di un barbone che dimorava sul marciapede e che stava seguendo la conferenza di Horus con notevole interesse, annuendo visibilmente soddisfatto e accingendosi ad applaudirlo) e lo attirò in macchina con la scusa che si era fatto tardissimo, prima che il Dottore facesse partire davanti a tutti il lato B del disco e iniziasse a pontificare pubblicamente di pericolose nostalgie politiche e di bei tempi che furono.
Nel privato della macchina imbottigliata nel traffico, Collas si trovò a fronteggiare una lunga ed impegnativa prolusione sulla puntualità dei treni in altri tempi, che riuscì prontamente a troncare con un colpo di genio di finissima fattura.
"Dottore dottore! U vulissi bello rollò per rinfrancarsi del lungo viaggio? Facciamo un salto al max living che li fanno belli!"
D'un tratto, adunate oceaniche e Alpi e Piramidi sparirono improvvisamente, e un sorrisone da Dalai Lama si stampò sul musso del Dottore.
"Buono è, ma io ci avissi miso un poco di piccante in più" fu l'unica frase che nell'arco di alcuni minuti Collas sentì pronunciare da un fanciullesco Horus con la bocca a sacco e gli occhi a pampinedda, beatamente impegnato nell'impresa di rifocillarsi.
Collas non si stupì, tutti sapevano che il Dottore avissi miso il patè di peperoncino pure nel caffè della mattina.
Aspettò pazientemente che Horus trangugiasse ciò che miseramente rimaneva del glorioso rollò che poco prima campeggiava orgoglioso in vetrina manco fosse Miss Italia. Quella scena procurò a Collas alcune elevate riflessioni esistenziali sulla caducità della dimensione terrena e sulla Ruota della Vita: per quanto potesse essere potente ed ammirato un Rollò, pensava Collas, prima o poi sarebbe arrivato un qualche Horus da qualche parte a fargli fare quella fine mischina e miserabile.
"Collas, dobbiamo metterci sulle tracce del punteruolo: se i suoi ex compagni di cumarca gli mettono le zampe addosso, manco le ali troviamo più"
"Dottori, l'ultima volta fu visto che si aggirava alla fiera del mediterraneo: pare che una vintina bionda e alta, una noddica fuoisse, gli abbia portato un boizzello con effetti personali. I nostri agenti da questo hanno dedotto che il coleottero stesse meditando una fuga"
Un lampo di improvviso interesse balenò negli occhi del Dottore alla citazione della noddica vintina.
"Collas, ragioniamo. Se lei fosse un punteruolo rosso alla fiera del mediterraneo, in procinto di scapparsene da qualche parte, dove si dirigerebbe?"
Collas sovrappensiero iniziò a riflettere, e sempre sovrappensiero cercò di immedesimarsi nella mente del coleottero galeotto.
Iniziò quindi a percorrere avanti ed indietro, pensierosa, la saletta del locale.
Il Dottore conosceva la bravura investigativa di Manuela Collas, l'unica persona al mondo che, grazie alle proprie doti intuitive, era riuscita ad attirare in un tranello e documentare fotograficamente quell'accidente di insetto della malanova che stava facendo impoazzire tutti.
Se la foto di quel delinquente malacainne oggi si trovava negli archivi dell'Interpol e dell'FBI, era tutto merito di Collas.
Horus era abituato alle genialate di Collas, ma questa volta rimase totalmente di stucco nel vedere una scena a dir poco allucinante.
Senza accorgersene, Collas aveva chiuso le mani dietro la schiena tipo papera, come fossero delle ali riposte, e aveva iniziato a camminare a scatti con repentini cambi di direzione.
Si era totalmente immedesimata nel punteruolo, e il Dottore guardò con una certa preoccupazione una palmetta ornamentale posta lì accanto.
Si sentì un rumore di vetro rotto, e Horus, senza osare minimamente voltarsi poichè totalmente paralizzato, mentalmente immaginò il barista che aveva appena lasciato cadere il bicchiere a terra mentre guardava stralunato quella scena.
"Dottori Dottori! Ci sono! Il punteruolo non può che essere fuggito sul lato nord-ovest di Monte Pellegrino! E' lì che dobbiamo cercare!"
"Santa minchia del mongrovejo, Collas! Ragione ha!"
Mentre i due uscivano dal bar, il Dottore non potè trattenersi dall'accarezzare una pampina della palmaredda, incredulo che fosse intatta ed ancora al suo posto.