Non ho grandi ricordi degli anni '70, ma a volte un sottile sapore di terra perduta mi pervade ugualmente.
I miei primi ricordi di essere umano sono fissati ad una data, il 1978. Fu il primo anno che riuscii a individuare nella mia mente di bambino: allora avevo 5 anni, e avevo preso coscienza che in quell'anno esistevano un 7 ed un 8.
Pochissimi ricordi, sparsi: gli esami di maturità classica di mio fratello (oggi medico), e soprattutto passeggiate nelle fredde mattine di Roma a trastevere in febbraio, con mio padre.
Allora mia madre lavorava lì.
Come una sorta di feticci, ho delle immagini sparse che mi riportano a quegli anni, una in particolare (non di grande valore): una volante della polizia.
All'epoca esisteva la Celere, progenitore dell'attuale squadra mobile. Un reparto creato e voluto da Mario Scelba, un ministro democristiano più volte sospettato di antiche collusioni col Fascismo. Erano i famosi poliziotti che tante volte si vedono nei video di quegli anni, quelli che calzavano gli elmetti della seconda guerra mondiale e caricavano con i manganelli.
Ecco, uno dei pochi ricordi che ho in mente di quello scorcio di anni '70 consiste in questo: una giulietta della polizia, verde oliva (quando la polizia italiana era ad ordinamento paramilitare, prima della riforma del 1982), che sfrecciava con la sirena monotonale (sparite anche quelle) per una via di Roma.
Quanta simbologia in quel ricordo, quanta...
Gli anni '70 erano anni di grande fermento, di profonda affermazione delle identità.
Ed erano anche gli anni di piombo italiani: si sparava e si sparava parecchio, era un dato di fatto.
Ricordo perfettamente la ruota di telegiornali nei tragici giorni e nelle tragiche ore del sequestro Moro...fatti di cronaca grandi, potenti, immani oserei dire, che riuscivano a colpire e catturare l'attenzione apprensiva anche di un bambino.
Erano anni in cui lo scontro era all'ordine del giorno, in cui ci si poteva aspettare di tutto.
Ma erano anche anni di fermento, dicevo...erano anni di promessa, erano anni di ricrescita dopo l'austerità dei primi anni del decennio.
E soprattutto, erano anni di identità forte, di identità difesa e rivendicata.
Il fascista era fascista, e il comunista era comunista. Erano anni in cui si era disposti a morire per la difesa delle proprie idee, in cui essere Italiani, non importa se in un senso o in un altro, aveva comunque un senso...e questo senso era molto profondo.
Erano anni di cultura, di grande impegno personale e collettivo su ogni fronte, erano anni di italianità...giusta o sbagliata che fosse, ma erano comunque anni in cui anche gli Italiani esistevano al mondo.
Poi arrivarono gli anni '80, e gli italiani smisero di fare gli italiani e iniziarono a fingere di essere americani...smisero di sognare, smisero di credere, smisero di lottare, smisero di costruire, dismisero l'Italia.
Di quella Terra, di quella Gente...non rimase più nulla.
Solo ricordi sparsi di una pantera della Celere che sfreccia per le vie di Roma.
HORUS
Benvenuti alle Porte di Orione
"No time, no space, another race of vibrations..."
Una dimensione parallela, in cui il tempo cessa di scorrere e lo spazio non ha più alcun significato.
In realtà, nulla ha un significato proprio, oltre quello che noi gli attribuiamo o che crediamo di conoscere.
Sono Horus Der Wanderer, e sulla rotta tracciata dagli occhi di smeraldo dell'antico Gabbiano, scivolando sull'onice del Cielo e proseguendo oltre le miniere d'argento della settima Luna, Iside mi svelò la via della costellazione mitologica ove adesso vago.
Molti ho incontrato sul mio cammino, che avevano smarrito la propria via o semplicemente ne cercavano una nuova.
Io sono colui che accompagna attraverso i varchi dell'Esistenza.
Benvenuti alle Porte di Orione.
Horus il Viandante.
Una dimensione parallela, in cui il tempo cessa di scorrere e lo spazio non ha più alcun significato.
In realtà, nulla ha un significato proprio, oltre quello che noi gli attribuiamo o che crediamo di conoscere.
Sono Horus Der Wanderer, e sulla rotta tracciata dagli occhi di smeraldo dell'antico Gabbiano, scivolando sull'onice del Cielo e proseguendo oltre le miniere d'argento della settima Luna, Iside mi svelò la via della costellazione mitologica ove adesso vago.
Molti ho incontrato sul mio cammino, che avevano smarrito la propria via o semplicemente ne cercavano una nuova.
Io sono colui che accompagna attraverso i varchi dell'Esistenza.
Benvenuti alle Porte di Orione.
Horus il Viandante.
domenica 15 febbraio 2009
lunedì 19 gennaio 2009
La gita a Monte Pellegrino - parte II
L'attempato commesso viaggiatore non avrebbe facilmente dimenticato quel viaggio.
Come una donna di facili costumi si concede a molti uomini, erano circa venti anni che la sua giacca si stazzonava in un lussurioso sfruculiamento con i sedili di numerosi pullman sulle articolate e a tratti artistiche tratte stradali ed autostradali isolane.
E di gente strana ne aveva incontrata, con alcuni di questi era pure diventato amico dopo che gli avevano offerto abbondante pane e tumazzo.
Ma difficilmente avrebbe dimenticato la potente scena hollywoodiana di quel corpulento trentino-quarantino che, all'imbocco della rotonda di via Oreto, dal fondo del prummann riuscì ad attirare l'attenzione del conducente, circa 30 file più avanti, nel momento in cui esplose una sorta di rosario laico e vagamente blasfemo, in cui svariate invocazioni di santi, madonne, e ricorrenze varie si accompagnavano ad un florilegio di termini semicolti a metà tra la micologia e l'ornitologia, il cui senso non lasciava àdito a dubbi.
L'originale articolazione verbale delle espressioni di disappunto del Dottore Horus per il gran ritardo dava l'impressione di una sorta di canto sacro-erotico di epoca greco-classica, in cui evidenti richiami fallici si mischiavano ad espressioni sacrali.
Il commesso viaggiatore avrebbe giurato di aver pure udito lo scatto di una fotocamera provenire dalla fila davanti, dove una splendida turista tedesca poco prima sonnecchiava incurante delle proprie cosce al vento.
"I cutò ti stricano suitta l'archiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!". La risposta di Collas non si fece attendere :"Hai cchiù cuoinna tu che un panaro di vavvaluceeeeeeeeee, cosa inutileeeeeeeee e intamatoooooooooooooo!". Gustandosi ad occhi semisocchiusi il tanghino che placidamente gracchiava dall'autoradio, Collas ridacchiava sotto i baffi complimentandosi con sè stessa per come aveva rintuzzato quell'automobilista cafone.
Certo, pensava tra sè e sè, in effetti stare ferma in sesta fila ad aspettare l'arrivo del prummann da Catania non era il massimo di beneficio per la circolazione locale.
Quando vide arrivare l'imponente sagoma rossa del prummann (gli venne da pensare alla notoria megalomania dei catanesi, che tentavano di spacciare per una rombante ferrari il placido mastodonte della Sais), tirò un sospiro di sollievo, elevando mentalmente un pensiero di ringraziamento a Santa Rosalia Piazzolla per la scampata multa.
Appena scesa la scaletta, il Dottore Horus s'addrumò immediatamente una sucaretta, non mancando di scaricare l'ultima litania di santioni ornitologici (come se fosse una specie di grottesco san francesco pagano) questa volta all'indirizzo dell'Anas, del Governo regionale, del Presidente della Repubblica e del Segretario delle Nazioni Unite.
Con la prontezza di spirito di chi sta per evitare una catastrofe, Collas si precipitò su quel surreale San Francesco pagano e fumante (con notevole disappunto di un barbone che dimorava sul marciapede e che stava seguendo la conferenza di Horus con notevole interesse, annuendo visibilmente soddisfatto e accingendosi ad applaudirlo) e lo attirò in macchina con la scusa che si era fatto tardissimo, prima che il Dottore facesse partire davanti a tutti il lato B del disco e iniziasse a pontificare pubblicamente di pericolose nostalgie politiche e di bei tempi che furono.
Nel privato della macchina imbottigliata nel traffico, Collas si trovò a fronteggiare una lunga ed impegnativa prolusione sulla puntualità dei treni in altri tempi, che riuscì prontamente a troncare con un colpo di genio di finissima fattura.
"Dottore dottore! U vulissi bello rollò per rinfrancarsi del lungo viaggio? Facciamo un salto al max living che li fanno belli!"
D'un tratto, adunate oceaniche e Alpi e Piramidi sparirono improvvisamente, e un sorrisone da Dalai Lama si stampò sul musso del Dottore.
"Buono è, ma io ci avissi miso un poco di piccante in più" fu l'unica frase che nell'arco di alcuni minuti Collas sentì pronunciare da un fanciullesco Horus con la bocca a sacco e gli occhi a pampinedda, beatamente impegnato nell'impresa di rifocillarsi.
Collas non si stupì, tutti sapevano che il Dottore avissi miso il patè di peperoncino pure nel caffè della mattina.
Aspettò pazientemente che Horus trangugiasse ciò che miseramente rimaneva del glorioso rollò che poco prima campeggiava orgoglioso in vetrina manco fosse Miss Italia. Quella scena procurò a Collas alcune elevate riflessioni esistenziali sulla caducità della dimensione terrena e sulla Ruota della Vita: per quanto potesse essere potente ed ammirato un Rollò, pensava Collas, prima o poi sarebbe arrivato un qualche Horus da qualche parte a fargli fare quella fine mischina e miserabile.
"Collas, dobbiamo metterci sulle tracce del punteruolo: se i suoi ex compagni di cumarca gli mettono le zampe addosso, manco le ali troviamo più"
"Dottori, l'ultima volta fu visto che si aggirava alla fiera del mediterraneo: pare che una vintina bionda e alta, una noddica fuoisse, gli abbia portato un boizzello con effetti personali. I nostri agenti da questo hanno dedotto che il coleottero stesse meditando una fuga"
Un lampo di improvviso interesse balenò negli occhi del Dottore alla citazione della noddica vintina.
"Collas, ragioniamo. Se lei fosse un punteruolo rosso alla fiera del mediterraneo, in procinto di scapparsene da qualche parte, dove si dirigerebbe?"
Collas sovrappensiero iniziò a riflettere, e sempre sovrappensiero cercò di immedesimarsi nella mente del coleottero galeotto.
Iniziò quindi a percorrere avanti ed indietro, pensierosa, la saletta del locale.
Il Dottore conosceva la bravura investigativa di Manuela Collas, l'unica persona al mondo che, grazie alle proprie doti intuitive, era riuscita ad attirare in un tranello e documentare fotograficamente quell'accidente di insetto della malanova che stava facendo impoazzire tutti.
Se la foto di quel delinquente malacainne oggi si trovava negli archivi dell'Interpol e dell'FBI, era tutto merito di Collas.
Horus era abituato alle genialate di Collas, ma questa volta rimase totalmente di stucco nel vedere una scena a dir poco allucinante.
Senza accorgersene, Collas aveva chiuso le mani dietro la schiena tipo papera, come fossero delle ali riposte, e aveva iniziato a camminare a scatti con repentini cambi di direzione.
Si era totalmente immedesimata nel punteruolo, e il Dottore guardò con una certa preoccupazione una palmetta ornamentale posta lì accanto.
Si sentì un rumore di vetro rotto, e Horus, senza osare minimamente voltarsi poichè totalmente paralizzato, mentalmente immaginò il barista che aveva appena lasciato cadere il bicchiere a terra mentre guardava stralunato quella scena.
"Dottori Dottori! Ci sono! Il punteruolo non può che essere fuggito sul lato nord-ovest di Monte Pellegrino! E' lì che dobbiamo cercare!"
"Santa minchia del mongrovejo, Collas! Ragione ha!"
Mentre i due uscivano dal bar, il Dottore non potè trattenersi dall'accarezzare una pampina della palmaredda, incredulo che fosse intatta ed ancora al suo posto.
Come una donna di facili costumi si concede a molti uomini, erano circa venti anni che la sua giacca si stazzonava in un lussurioso sfruculiamento con i sedili di numerosi pullman sulle articolate e a tratti artistiche tratte stradali ed autostradali isolane.
E di gente strana ne aveva incontrata, con alcuni di questi era pure diventato amico dopo che gli avevano offerto abbondante pane e tumazzo.
Ma difficilmente avrebbe dimenticato la potente scena hollywoodiana di quel corpulento trentino-quarantino che, all'imbocco della rotonda di via Oreto, dal fondo del prummann riuscì ad attirare l'attenzione del conducente, circa 30 file più avanti, nel momento in cui esplose una sorta di rosario laico e vagamente blasfemo, in cui svariate invocazioni di santi, madonne, e ricorrenze varie si accompagnavano ad un florilegio di termini semicolti a metà tra la micologia e l'ornitologia, il cui senso non lasciava àdito a dubbi.
L'originale articolazione verbale delle espressioni di disappunto del Dottore Horus per il gran ritardo dava l'impressione di una sorta di canto sacro-erotico di epoca greco-classica, in cui evidenti richiami fallici si mischiavano ad espressioni sacrali.
Il commesso viaggiatore avrebbe giurato di aver pure udito lo scatto di una fotocamera provenire dalla fila davanti, dove una splendida turista tedesca poco prima sonnecchiava incurante delle proprie cosce al vento.
"I cutò ti stricano suitta l'archiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!". La risposta di Collas non si fece attendere :"Hai cchiù cuoinna tu che un panaro di vavvaluceeeeeeeeee, cosa inutileeeeeeeee e intamatoooooooooooooo!". Gustandosi ad occhi semisocchiusi il tanghino che placidamente gracchiava dall'autoradio, Collas ridacchiava sotto i baffi complimentandosi con sè stessa per come aveva rintuzzato quell'automobilista cafone.
Certo, pensava tra sè e sè, in effetti stare ferma in sesta fila ad aspettare l'arrivo del prummann da Catania non era il massimo di beneficio per la circolazione locale.
Quando vide arrivare l'imponente sagoma rossa del prummann (gli venne da pensare alla notoria megalomania dei catanesi, che tentavano di spacciare per una rombante ferrari il placido mastodonte della Sais), tirò un sospiro di sollievo, elevando mentalmente un pensiero di ringraziamento a Santa Rosalia Piazzolla per la scampata multa.
Appena scesa la scaletta, il Dottore Horus s'addrumò immediatamente una sucaretta, non mancando di scaricare l'ultima litania di santioni ornitologici (come se fosse una specie di grottesco san francesco pagano) questa volta all'indirizzo dell'Anas, del Governo regionale, del Presidente della Repubblica e del Segretario delle Nazioni Unite.
Con la prontezza di spirito di chi sta per evitare una catastrofe, Collas si precipitò su quel surreale San Francesco pagano e fumante (con notevole disappunto di un barbone che dimorava sul marciapede e che stava seguendo la conferenza di Horus con notevole interesse, annuendo visibilmente soddisfatto e accingendosi ad applaudirlo) e lo attirò in macchina con la scusa che si era fatto tardissimo, prima che il Dottore facesse partire davanti a tutti il lato B del disco e iniziasse a pontificare pubblicamente di pericolose nostalgie politiche e di bei tempi che furono.
Nel privato della macchina imbottigliata nel traffico, Collas si trovò a fronteggiare una lunga ed impegnativa prolusione sulla puntualità dei treni in altri tempi, che riuscì prontamente a troncare con un colpo di genio di finissima fattura.
"Dottore dottore! U vulissi bello rollò per rinfrancarsi del lungo viaggio? Facciamo un salto al max living che li fanno belli!"
D'un tratto, adunate oceaniche e Alpi e Piramidi sparirono improvvisamente, e un sorrisone da Dalai Lama si stampò sul musso del Dottore.
"Buono è, ma io ci avissi miso un poco di piccante in più" fu l'unica frase che nell'arco di alcuni minuti Collas sentì pronunciare da un fanciullesco Horus con la bocca a sacco e gli occhi a pampinedda, beatamente impegnato nell'impresa di rifocillarsi.
Collas non si stupì, tutti sapevano che il Dottore avissi miso il patè di peperoncino pure nel caffè della mattina.
Aspettò pazientemente che Horus trangugiasse ciò che miseramente rimaneva del glorioso rollò che poco prima campeggiava orgoglioso in vetrina manco fosse Miss Italia. Quella scena procurò a Collas alcune elevate riflessioni esistenziali sulla caducità della dimensione terrena e sulla Ruota della Vita: per quanto potesse essere potente ed ammirato un Rollò, pensava Collas, prima o poi sarebbe arrivato un qualche Horus da qualche parte a fargli fare quella fine mischina e miserabile.
"Collas, dobbiamo metterci sulle tracce del punteruolo: se i suoi ex compagni di cumarca gli mettono le zampe addosso, manco le ali troviamo più"
"Dottori, l'ultima volta fu visto che si aggirava alla fiera del mediterraneo: pare che una vintina bionda e alta, una noddica fuoisse, gli abbia portato un boizzello con effetti personali. I nostri agenti da questo hanno dedotto che il coleottero stesse meditando una fuga"
Un lampo di improvviso interesse balenò negli occhi del Dottore alla citazione della noddica vintina.
"Collas, ragioniamo. Se lei fosse un punteruolo rosso alla fiera del mediterraneo, in procinto di scapparsene da qualche parte, dove si dirigerebbe?"
Collas sovrappensiero iniziò a riflettere, e sempre sovrappensiero cercò di immedesimarsi nella mente del coleottero galeotto.
Iniziò quindi a percorrere avanti ed indietro, pensierosa, la saletta del locale.
Il Dottore conosceva la bravura investigativa di Manuela Collas, l'unica persona al mondo che, grazie alle proprie doti intuitive, era riuscita ad attirare in un tranello e documentare fotograficamente quell'accidente di insetto della malanova che stava facendo impoazzire tutti.
Se la foto di quel delinquente malacainne oggi si trovava negli archivi dell'Interpol e dell'FBI, era tutto merito di Collas.
Horus era abituato alle genialate di Collas, ma questa volta rimase totalmente di stucco nel vedere una scena a dir poco allucinante.
Senza accorgersene, Collas aveva chiuso le mani dietro la schiena tipo papera, come fossero delle ali riposte, e aveva iniziato a camminare a scatti con repentini cambi di direzione.
Si era totalmente immedesimata nel punteruolo, e il Dottore guardò con una certa preoccupazione una palmetta ornamentale posta lì accanto.
Si sentì un rumore di vetro rotto, e Horus, senza osare minimamente voltarsi poichè totalmente paralizzato, mentalmente immaginò il barista che aveva appena lasciato cadere il bicchiere a terra mentre guardava stralunato quella scena.
"Dottori Dottori! Ci sono! Il punteruolo non può che essere fuggito sul lato nord-ovest di Monte Pellegrino! E' lì che dobbiamo cercare!"
"Santa minchia del mongrovejo, Collas! Ragione ha!"
Mentre i due uscivano dal bar, il Dottore non potè trattenersi dall'accarezzare una pampina della palmaredda, incredulo che fosse intatta ed ancora al suo posto.
giovedì 15 gennaio 2009
La gita a Monte Pellegrino - I parte
Le legioni di Tullio Berillio avanzavano compatte sulle aspre rocce della ostile landa germanica, mentre i barbari di Trunfyla urlavano suoni gutturali all'indirizzo dei romani.
La prima centuria si chiuse in formazione, e mentre le buccine di guerra elevavano possente il loro canto nel gelido silenzio di un'alba di febbraio, il rombo del passo cadenzato dei legionari iniziò ben presto a far tremare anche le fronde degli alberi.
Di seguito alla prima centuria, la seconda si apparecchiò in assetto da battaglia, alti gli scudi da terra e perfettamente allineati, mentre le lance prominevano in avanti.
Allorchè le tre centurie furono tutt'e tre in marcia verso il vicino fronte nemico, i germanici si scagliarono con tutta la loro violenza iniziando a correre verso la compatta muraglia umana dei romani.
Le urla animalesche dei germanici ormai lanciati senza freno verso i conquistatori si fusero orrendamente con il rombo cadenzato del passo militare delle tre centurie romane in avanzata, sullo sfondo delle buccine romane il cui suono costante e martellante ricordava le trombe bibliche sotto le mura di Gerico.
Nel momento in cui i due schieramenti, forti di centinaia e centinaia di uomini da un lato e dall'altro, si apprestavano alla carneficina, esattamente un secondo prima del boato di urla e del clangore di scudi ed armi che avrebbe segnato l'inizio dello scontro apocalittico fra le due nerborute formazioni, improvvisamente scese il silenzio e una fitta nebbia coprì tutto.
Sembrava essere sparito tutto, come inghiottito dal nulla.
Dalla nebbia silenziosa, in cui non vi era più traccia nè dei romani nè dei barbari, uscirono timidamente due strane figure.
Man mano che la nebbia si diradava, le figure presero corpo.
Si trattava di Osama Bin Laden da un lato, e di Mike Bongiorno dall'altro.
Osama sfoggiava un preoccupante completino da perfetta danzatrice del ventre, con tanto di monetine penzolanti in zona cabasisi, mentre mike bongiorno era in giacca di frac e calzoncini da portiere della nazionale di calcio uzbeka.
I due si guardarono con fare circospetto, dopodichè iniziarono a volteggiare in un bel tango d'altri tempi.
I due si produssero in un angelico ocho doppio capriato e ribattuto, in cui Bongiorno con fare soave prese Bin Laden dalla barba e lo fece delicatamente roteare per aria, mentre quest'ultimo, in piena estasi creativa, uscì due scimitarre e iniziò a mulinarle per aria.
Mentre mike bongiorno tentava di riprodurre delle movenze da cherubino con l'unica gamba rimasta, dopo che bin laden gli aveva mozzato l'altra, ad un certo punto sullo sfondo della pista si vide Fiorello che armeggiava con qualcosa.
Lo showman stava tentando di forzare l'apertura di una lapa onde appropriarsene, ma la lapa, accortasi del malintenzionato, impennò e si dileguò.
Fiorello allora ripiegò su una 600 bicolore, avendo maggior fortuna nell'aprirla.
Proprio mentre la serratura stava per scattare, e quando che bin laden stava per mozzare l'ultima gamba di mike bongiorno, una luce accecante coprì tutto.
"Minchiùni! Le otto! Camurria Buttana, amunì amunìììììììììì".
Manuela Collas fu svegliata dalla luce che filtrava dalle finestre, ancora turbata per il sogno cui aveva assistito.
La sua sveglia, invaghitasi da poco tempo di un'assistente di volo dell'Alitalia, per solidarietà con l'oggetto dei propri desideri quella mattina aveva deciso di proclamare sciopero ad oltranza.
Collas quindi si alzò e si constrinse a lasciare il letto, e nell'uscire dalla stanza si girò ancora una volta a guardarlo, con un'espressione tra il malinconico e l'innamorato.
Ancora con la mente al mistero della Lapa semovente autoimpennante, Manuela Collas si versò distrattamente un quarto di latte in un bicchiere: quel giorno la attendeva una missione importante, ma non riusciva ancora a ricordare di cosa si trattasse.
Sapeva solo che si doveva svegliare alle sette.
Alle otto e dieci squillò il telefono, e Collas iniziò a santiare malamente.
"Pruoooooooonto, ma chi minchia é che scassa i cabasisi a quest'ora del mattino?"
"Collas, se é vero che chi dorme non piglia pesci, fosse per lei astura ci fussiru ancora i balene ndo mediterraneo"
Tutto le fu chiaro in un baleno: quel giorno arrivava da Catania il dottore Horus, che ora era lì al telefono.
Dovevano andare in missione sul monte pellegrino fingendosi una placida coppia di innocui gitanti: avrebbero dovuto in realtà indagare sul misterioso punteruolo rosso evaso nottetempo dalle celle di massima sicurezza poste nei seminterrati del max living.
Il simpatico animaletto aveva deciso di collaborare con la giustizia e di rivelare i nascondigli dei famelici coleotteri. Con questa sparizione, i due investigatori rischiavano di trovarsi di fronte al primo caso di lupara bianca su un punteruolo rosso.
"Minchia dottore! la sveglia si scassò!"
"Collas, lei si amminchiò con la sveglia, io mi amminchiai col prummann!" Il tono di Horus non lasciava dubbi sul fatto che avesse avuto un qualche disguido con il mezzo. Collas sapeva che nell'arco di pochi istanti sarebbero iniziati i iochi ri focu verbali del Dottore di quando ha la luna storta, e perciò s'assittau pacenziusa.
"Stamatina m'arrisbigghiai con le iaddine, quasi quasi stava facennu l'ovu macari iù! e tutto ciò per prendere il pullman delle sei!"
La situazione era grave....Manuela Collas ripensava tra sè e sè alla frase di Horus..."e tutto ciò per prendere il pullman delle sei"...aveva detto proprio così, e la cosa era parecchio grave...perchè se il Dottore Horus passava, nel corso di una stessa frase, dal catanese all'italiano fino voleva dire che aveva le santemadonne malamente di traverso sul serio.
"Minchiuni! Alle sei disse? Ma allora tanto valeva che manco si curcava!"
"Alle sei, alle sei! E lo vuole sapere dove sono adesso?" Il suo tono si era fatto pericolosamente calmo....arrivava la bufera.
"Sono ancora in una minchia di trazzera della minchia della provincia della minchia di Enna! Chiusero l'autostrada per via di una minchia di incidente! Qua io a Palermo ci arrivo per la vigilia della santa minchia! Se ne parla minimo minimo minimo alle undici di arrivare!!!"
Collas in quel momento sentì che il suo sguardo si era fatto rapace, come di aquila che inquatra un surgio appena fuiuto dalla tana, mentre fissava con fare concupiscente il suo letto...."Alle undici disse?"
"Alle undici, alle undici dissi! Sempre se il santo Universo non decide di cadermi addosso stamattina!!!", e giù una variegata serie di santioni.
"Minchia dottore, mi dispiaceeeeeeeee". Quel tono di circostanza come a dire che era dispiaciuta, Collas sapeva bene che non avrebbe convinto molto, ma era il meglio che date le circostanze era riuscita a tirare fuori.
Il dottore era troppo amminchiato per farci caso, e la salutò velocemente: "mi raccomando Collas, puntuale alle undici! Sempre che la minchia dell'Universo non si amminchia a cascarmi sulla minchia di testa!".
"Ok dottore! Alle undici! Nel frattempo ne approfitto per dare un'ultima occhiata alla pratica del punteruolo fuggitivo!"
Neanche dieci minuti dopo, Fiorello aveva già ripreso ad armeggiare con la seicento.
(continua)
La prima centuria si chiuse in formazione, e mentre le buccine di guerra elevavano possente il loro canto nel gelido silenzio di un'alba di febbraio, il rombo del passo cadenzato dei legionari iniziò ben presto a far tremare anche le fronde degli alberi.
Di seguito alla prima centuria, la seconda si apparecchiò in assetto da battaglia, alti gli scudi da terra e perfettamente allineati, mentre le lance prominevano in avanti.
Allorchè le tre centurie furono tutt'e tre in marcia verso il vicino fronte nemico, i germanici si scagliarono con tutta la loro violenza iniziando a correre verso la compatta muraglia umana dei romani.
Le urla animalesche dei germanici ormai lanciati senza freno verso i conquistatori si fusero orrendamente con il rombo cadenzato del passo militare delle tre centurie romane in avanzata, sullo sfondo delle buccine romane il cui suono costante e martellante ricordava le trombe bibliche sotto le mura di Gerico.
Nel momento in cui i due schieramenti, forti di centinaia e centinaia di uomini da un lato e dall'altro, si apprestavano alla carneficina, esattamente un secondo prima del boato di urla e del clangore di scudi ed armi che avrebbe segnato l'inizio dello scontro apocalittico fra le due nerborute formazioni, improvvisamente scese il silenzio e una fitta nebbia coprì tutto.
Sembrava essere sparito tutto, come inghiottito dal nulla.
Dalla nebbia silenziosa, in cui non vi era più traccia nè dei romani nè dei barbari, uscirono timidamente due strane figure.
Man mano che la nebbia si diradava, le figure presero corpo.
Si trattava di Osama Bin Laden da un lato, e di Mike Bongiorno dall'altro.
Osama sfoggiava un preoccupante completino da perfetta danzatrice del ventre, con tanto di monetine penzolanti in zona cabasisi, mentre mike bongiorno era in giacca di frac e calzoncini da portiere della nazionale di calcio uzbeka.
I due si guardarono con fare circospetto, dopodichè iniziarono a volteggiare in un bel tango d'altri tempi.
I due si produssero in un angelico ocho doppio capriato e ribattuto, in cui Bongiorno con fare soave prese Bin Laden dalla barba e lo fece delicatamente roteare per aria, mentre quest'ultimo, in piena estasi creativa, uscì due scimitarre e iniziò a mulinarle per aria.
Mentre mike bongiorno tentava di riprodurre delle movenze da cherubino con l'unica gamba rimasta, dopo che bin laden gli aveva mozzato l'altra, ad un certo punto sullo sfondo della pista si vide Fiorello che armeggiava con qualcosa.
Lo showman stava tentando di forzare l'apertura di una lapa onde appropriarsene, ma la lapa, accortasi del malintenzionato, impennò e si dileguò.
Fiorello allora ripiegò su una 600 bicolore, avendo maggior fortuna nell'aprirla.
Proprio mentre la serratura stava per scattare, e quando che bin laden stava per mozzare l'ultima gamba di mike bongiorno, una luce accecante coprì tutto.
"Minchiùni! Le otto! Camurria Buttana, amunì amunìììììììììì".
Manuela Collas fu svegliata dalla luce che filtrava dalle finestre, ancora turbata per il sogno cui aveva assistito.
La sua sveglia, invaghitasi da poco tempo di un'assistente di volo dell'Alitalia, per solidarietà con l'oggetto dei propri desideri quella mattina aveva deciso di proclamare sciopero ad oltranza.
Collas quindi si alzò e si constrinse a lasciare il letto, e nell'uscire dalla stanza si girò ancora una volta a guardarlo, con un'espressione tra il malinconico e l'innamorato.
Ancora con la mente al mistero della Lapa semovente autoimpennante, Manuela Collas si versò distrattamente un quarto di latte in un bicchiere: quel giorno la attendeva una missione importante, ma non riusciva ancora a ricordare di cosa si trattasse.
Sapeva solo che si doveva svegliare alle sette.
Alle otto e dieci squillò il telefono, e Collas iniziò a santiare malamente.
"Pruoooooooonto, ma chi minchia é che scassa i cabasisi a quest'ora del mattino?"
"Collas, se é vero che chi dorme non piglia pesci, fosse per lei astura ci fussiru ancora i balene ndo mediterraneo"
Tutto le fu chiaro in un baleno: quel giorno arrivava da Catania il dottore Horus, che ora era lì al telefono.
Dovevano andare in missione sul monte pellegrino fingendosi una placida coppia di innocui gitanti: avrebbero dovuto in realtà indagare sul misterioso punteruolo rosso evaso nottetempo dalle celle di massima sicurezza poste nei seminterrati del max living.
Il simpatico animaletto aveva deciso di collaborare con la giustizia e di rivelare i nascondigli dei famelici coleotteri. Con questa sparizione, i due investigatori rischiavano di trovarsi di fronte al primo caso di lupara bianca su un punteruolo rosso.
"Minchia dottore! la sveglia si scassò!"
"Collas, lei si amminchiò con la sveglia, io mi amminchiai col prummann!" Il tono di Horus non lasciava dubbi sul fatto che avesse avuto un qualche disguido con il mezzo. Collas sapeva che nell'arco di pochi istanti sarebbero iniziati i iochi ri focu verbali del Dottore di quando ha la luna storta, e perciò s'assittau pacenziusa.
"Stamatina m'arrisbigghiai con le iaddine, quasi quasi stava facennu l'ovu macari iù! e tutto ciò per prendere il pullman delle sei!"
La situazione era grave....Manuela Collas ripensava tra sè e sè alla frase di Horus..."e tutto ciò per prendere il pullman delle sei"...aveva detto proprio così, e la cosa era parecchio grave...perchè se il Dottore Horus passava, nel corso di una stessa frase, dal catanese all'italiano fino voleva dire che aveva le santemadonne malamente di traverso sul serio.
"Minchiuni! Alle sei disse? Ma allora tanto valeva che manco si curcava!"
"Alle sei, alle sei! E lo vuole sapere dove sono adesso?" Il suo tono si era fatto pericolosamente calmo....arrivava la bufera.
"Sono ancora in una minchia di trazzera della minchia della provincia della minchia di Enna! Chiusero l'autostrada per via di una minchia di incidente! Qua io a Palermo ci arrivo per la vigilia della santa minchia! Se ne parla minimo minimo minimo alle undici di arrivare!!!"
Collas in quel momento sentì che il suo sguardo si era fatto rapace, come di aquila che inquatra un surgio appena fuiuto dalla tana, mentre fissava con fare concupiscente il suo letto...."Alle undici disse?"
"Alle undici, alle undici dissi! Sempre se il santo Universo non decide di cadermi addosso stamattina!!!", e giù una variegata serie di santioni.
"Minchia dottore, mi dispiaceeeeeeeee". Quel tono di circostanza come a dire che era dispiaciuta, Collas sapeva bene che non avrebbe convinto molto, ma era il meglio che date le circostanze era riuscita a tirare fuori.
Il dottore era troppo amminchiato per farci caso, e la salutò velocemente: "mi raccomando Collas, puntuale alle undici! Sempre che la minchia dell'Universo non si amminchia a cascarmi sulla minchia di testa!".
"Ok dottore! Alle undici! Nel frattempo ne approfitto per dare un'ultima occhiata alla pratica del punteruolo fuggitivo!"
Neanche dieci minuti dopo, Fiorello aveva già ripreso ad armeggiare con la seicento.
(continua)
lunedì 12 gennaio 2009
L'esistenza di Dio
Vi sono molteplici stati dell'essenza angelica.
Poichè gli angeli esistono, sia nella dimensione eterea in forma di flussi di energia purissima, sia nella dimensione terrena in cui, sovente, esseri umani li ospitano dentro di sè.
In questo ultimo caso, in queste persone natura umana ed essenza angelica coesistono dando luogo ad un unicum molto particolare: in determinate circostanze, legate alla specifica matrice angelica ospitata, la natura umana si spegne ed emerge esclusivamente l'essenza angelica.
Per il resto, l'Angelo terrestre (tramite ed avanguardia dell'Angelo celeste)é in tutto e per tutto un comune essere umano, con i suoi pregi ed i suoi difetti, le sue passioni ed i suoi limiti.
Non sono esseri umani dotati di superpoteri, sono normalissimi Angeli umanizzati.
NOn so come ciò avvenga: é probabile che alla nascita o addirittura al concepimento, per via di sconosciute dinamiche universali, tali esseri superiori si insedino ("incarnino") nel concepito o nel neonato.
Vi sono diverse famiglie di angeli, e, di conseguenza, vi sono diverse razze di uomini-angeli.
Gli angeli tradizionali, flusso di energia pura, sono a propria volta ramificazioni terminali e periferiche di altri flussi ancora più elevati, rarefatti e potenti, denominati tradizionalmente Arcangeli.
Ne consegue che anche gli uomini-angeli sono ramificazioni terrestri di potenze arcangeliche.
La Kabalà ebraica conosce circa dodici arcangeli divisi per attribuzioni e sfere di competenza, tutti soggetti al supremo arcangelo Metatron, Signore dell'Universo fisico.
L'angelologia cristiana, invece, semplifica e riassume le attribuzioni di tutti gli arcangeli in tre figure ben precise ed individuate: Michele, Gabriele e Raffaele.
Vi era in origine un quarto Arcangelo, Uriele, signore delle Forze della Natura: data la sua eccessiva "somiglianza" col dio pagano Pan, venne eliminato dalla Chiesa nel tardo medioevo (sospettavano fosse un doppio giochista...)
Il primo, Michele, é l'Arcangelo supremo e gode di attribuzioni fondamentali: é cardine di bilanciamento universale nello scontro dialettico con il Male, al comando delle forze angeliche di "combattimento"; é supremo giudice universale nella pesatura delle anime; é psicopompo, ovvero accompagnatore delle anime nell'aldilà; é guardiano della Porta, ovvero sbarra il passaggio illecito tra mondo dei vivi e dei morti, nell'uno e nell'altro senso. Nell'antico Egitto, questa Forza che noi chiamiamo Michele corrispondeva agli dei Horus ed Anubis.
Gabriele é il messaggero di Dio, nel senso che attraverso di esso si manifesta l'Ordine universale affinchè esso sia noto agli uomini.
Raffaele, é il dispensatore della sapienza: la fornisce agli uomini affinchè essi progrediscano nel proprio cammino secondo il Disegno.
Gli uomini-angeli partecipano quindi della natura di uno dei tre arcangeli.
Chiariamo che qui non c'è nulla di religioso: stiamo parlando di essenze, non di manfrine popolari.
Vi sono quelli della razza di Michele, e io ne conosco qualcuno...i micheliti sono isolati, agiscono sempre da soli in condizioni di estrema difficoltà, e rischiano il culo dalla mattina alla sera che qualcuna delle merde contro cui combattono gli combini qualche casino di quelli grossi. E lì son cazzi, perchè queste bestiacce sono estremamente combattive e vendicative.
I micheliti agiscono d'astuzia, di tattica militare come se fossero delle teste di cuoio. C'è moltissima strategia militare di altissimo livello, c'è logica, c'è pianificazione, c'è raccolta e gestione di informazioni.
E' gente disillusa, a tratti cinica. E' gente che beve, fuma, scopa, si ubriaca e bestemmia pure.
Sono esattamente come la legione straniera: brutti, sporchi e cattivi ma i migliori sul campo.
E' un lavoro di intelligence il loro: più che ad Achille, assomigliano ad Ulisse o all'ispettore Callaghan.
Poi ci sono i Raffaeliti: scienziati, illuminati, genii che permettono il progresso del mondo e dell'essere umano.
Non avevo mai conosciuto invece i gabrieliti da vicino: in genere sono grandi artisti, persone che con la loro vita o con i loro gesti riescono a testimoniare il Bello, l'Armonia, in una parola l'esistenza di Dio.
Sono i più rarefatti, i più elevati.
Ed il loro potere é tanto forte e tanto immediato che, a vederli o a viverli nessuno può resistere dall'affermare che Dio esiste.
Persone normalissime che, di botto e quando meno te lo aspetti, con la stessa nonchalanche di una cameriera di pub che ad un tratto se la pensa e si mette a ballare la macarena su un tavolo, ad un certo punto ti sputano un faccia un qualche fottuto capolavoro del Creatore: tu osservi e rifletti, e giungi alla conclusione che, se esiste l'artefatto, non può non esistere l'Artefice.
E tu stai lì che guardi estasiato come un ebete.
L'esistenza di Dio, ti dimostrano tomi tomi e cacchi cacchi, pur senza mai nominarlo o senza mai averci a che fare, può essere espressa attraverso un quadro, un canto, una musica. O un ballo.
Non é questione di tecnica o di scioltezza dei movimenti, o di ritmica o di bravura: é questione di energie sublimi e colossali che si sprigionano mentre questi angeli operano secondo la propria essenza, e che investono il povero cristo di spettatore.
Ho visto due esseri apparentemente normali diventare due angeli, o forse fondersi tra loro e diventare un unico Angelo...non saprei definirlo, non ne sono all'altezza.
Ricordo solo che vedevo Luce, Luce caleidoscopica dalle tinte cosmiche che si inseguivano a spirale ruotando su un invisibile asse divino...da due diventavano mille e poi uno solo, per poi tornare mille e sdoppiarsi nuovamente davanti al mio sguardo.
Chi fossi io in quel momento, ed a cosa o a chi mi fossi trovato davanti, non lo saprò mai.
Ma so che ho visto tutte le tinte del Creato scaraventarsi in terra e zampillare.
Ho osservato estasiato ed impotente, affascinato e travolto da questo capolavoro di Dio.
Grazie ragazzi per ciò che mi avete donato, questo post é per voi due.
Horus.
Poichè gli angeli esistono, sia nella dimensione eterea in forma di flussi di energia purissima, sia nella dimensione terrena in cui, sovente, esseri umani li ospitano dentro di sè.
In questo ultimo caso, in queste persone natura umana ed essenza angelica coesistono dando luogo ad un unicum molto particolare: in determinate circostanze, legate alla specifica matrice angelica ospitata, la natura umana si spegne ed emerge esclusivamente l'essenza angelica.
Per il resto, l'Angelo terrestre (tramite ed avanguardia dell'Angelo celeste)é in tutto e per tutto un comune essere umano, con i suoi pregi ed i suoi difetti, le sue passioni ed i suoi limiti.
Non sono esseri umani dotati di superpoteri, sono normalissimi Angeli umanizzati.
NOn so come ciò avvenga: é probabile che alla nascita o addirittura al concepimento, per via di sconosciute dinamiche universali, tali esseri superiori si insedino ("incarnino") nel concepito o nel neonato.
Vi sono diverse famiglie di angeli, e, di conseguenza, vi sono diverse razze di uomini-angeli.
Gli angeli tradizionali, flusso di energia pura, sono a propria volta ramificazioni terminali e periferiche di altri flussi ancora più elevati, rarefatti e potenti, denominati tradizionalmente Arcangeli.
Ne consegue che anche gli uomini-angeli sono ramificazioni terrestri di potenze arcangeliche.
La Kabalà ebraica conosce circa dodici arcangeli divisi per attribuzioni e sfere di competenza, tutti soggetti al supremo arcangelo Metatron, Signore dell'Universo fisico.
L'angelologia cristiana, invece, semplifica e riassume le attribuzioni di tutti gli arcangeli in tre figure ben precise ed individuate: Michele, Gabriele e Raffaele.
Vi era in origine un quarto Arcangelo, Uriele, signore delle Forze della Natura: data la sua eccessiva "somiglianza" col dio pagano Pan, venne eliminato dalla Chiesa nel tardo medioevo (sospettavano fosse un doppio giochista...)
Il primo, Michele, é l'Arcangelo supremo e gode di attribuzioni fondamentali: é cardine di bilanciamento universale nello scontro dialettico con il Male, al comando delle forze angeliche di "combattimento"; é supremo giudice universale nella pesatura delle anime; é psicopompo, ovvero accompagnatore delle anime nell'aldilà; é guardiano della Porta, ovvero sbarra il passaggio illecito tra mondo dei vivi e dei morti, nell'uno e nell'altro senso. Nell'antico Egitto, questa Forza che noi chiamiamo Michele corrispondeva agli dei Horus ed Anubis.
Gabriele é il messaggero di Dio, nel senso che attraverso di esso si manifesta l'Ordine universale affinchè esso sia noto agli uomini.
Raffaele, é il dispensatore della sapienza: la fornisce agli uomini affinchè essi progrediscano nel proprio cammino secondo il Disegno.
Gli uomini-angeli partecipano quindi della natura di uno dei tre arcangeli.
Chiariamo che qui non c'è nulla di religioso: stiamo parlando di essenze, non di manfrine popolari.
Vi sono quelli della razza di Michele, e io ne conosco qualcuno...i micheliti sono isolati, agiscono sempre da soli in condizioni di estrema difficoltà, e rischiano il culo dalla mattina alla sera che qualcuna delle merde contro cui combattono gli combini qualche casino di quelli grossi. E lì son cazzi, perchè queste bestiacce sono estremamente combattive e vendicative.
I micheliti agiscono d'astuzia, di tattica militare come se fossero delle teste di cuoio. C'è moltissima strategia militare di altissimo livello, c'è logica, c'è pianificazione, c'è raccolta e gestione di informazioni.
E' gente disillusa, a tratti cinica. E' gente che beve, fuma, scopa, si ubriaca e bestemmia pure.
Sono esattamente come la legione straniera: brutti, sporchi e cattivi ma i migliori sul campo.
E' un lavoro di intelligence il loro: più che ad Achille, assomigliano ad Ulisse o all'ispettore Callaghan.
Poi ci sono i Raffaeliti: scienziati, illuminati, genii che permettono il progresso del mondo e dell'essere umano.
Non avevo mai conosciuto invece i gabrieliti da vicino: in genere sono grandi artisti, persone che con la loro vita o con i loro gesti riescono a testimoniare il Bello, l'Armonia, in una parola l'esistenza di Dio.
Sono i più rarefatti, i più elevati.
Ed il loro potere é tanto forte e tanto immediato che, a vederli o a viverli nessuno può resistere dall'affermare che Dio esiste.
Persone normalissime che, di botto e quando meno te lo aspetti, con la stessa nonchalanche di una cameriera di pub che ad un tratto se la pensa e si mette a ballare la macarena su un tavolo, ad un certo punto ti sputano un faccia un qualche fottuto capolavoro del Creatore: tu osservi e rifletti, e giungi alla conclusione che, se esiste l'artefatto, non può non esistere l'Artefice.
E tu stai lì che guardi estasiato come un ebete.
L'esistenza di Dio, ti dimostrano tomi tomi e cacchi cacchi, pur senza mai nominarlo o senza mai averci a che fare, può essere espressa attraverso un quadro, un canto, una musica. O un ballo.
Non é questione di tecnica o di scioltezza dei movimenti, o di ritmica o di bravura: é questione di energie sublimi e colossali che si sprigionano mentre questi angeli operano secondo la propria essenza, e che investono il povero cristo di spettatore.
Ho visto due esseri apparentemente normali diventare due angeli, o forse fondersi tra loro e diventare un unico Angelo...non saprei definirlo, non ne sono all'altezza.
Ricordo solo che vedevo Luce, Luce caleidoscopica dalle tinte cosmiche che si inseguivano a spirale ruotando su un invisibile asse divino...da due diventavano mille e poi uno solo, per poi tornare mille e sdoppiarsi nuovamente davanti al mio sguardo.
Chi fossi io in quel momento, ed a cosa o a chi mi fossi trovato davanti, non lo saprò mai.
Ma so che ho visto tutte le tinte del Creato scaraventarsi in terra e zampillare.
Ho osservato estasiato ed impotente, affascinato e travolto da questo capolavoro di Dio.
Grazie ragazzi per ciò che mi avete donato, questo post é per voi due.
Horus.
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