HORUS

HORUS

Benvenuti alle Porte di Orione

"No time, no space, another race of vibrations..."
Una dimensione parallela, in cui il tempo cessa di scorrere e lo spazio non ha più alcun significato.
In realtà, nulla ha un significato proprio, oltre quello che noi gli attribuiamo o che crediamo di conoscere.
Sono Horus Der Wanderer, e sulla rotta tracciata dagli occhi di smeraldo dell'antico Gabbiano, scivolando sull'onice del Cielo e proseguendo oltre le miniere d'argento della settima Luna, Iside mi svelò la via della costellazione mitologica ove adesso vago.
Molti ho incontrato sul mio cammino, che avevano smarrito la propria via o semplicemente ne cercavano una nuova.
Io sono colui che accompagna attraverso i varchi dell'Esistenza.
Benvenuti alle Porte di Orione.
Horus il Viandante.

giovedì 15 gennaio 2009

La gita a Monte Pellegrino - I parte

Le legioni di Tullio Berillio avanzavano compatte sulle aspre rocce della ostile landa germanica, mentre i barbari di Trunfyla urlavano suoni gutturali all'indirizzo dei romani.
La prima centuria si chiuse in formazione, e mentre le buccine di guerra elevavano possente il loro canto nel gelido silenzio di un'alba di febbraio, il rombo del passo cadenzato dei legionari iniziò ben presto a far tremare anche le fronde degli alberi.
Di seguito alla prima centuria, la seconda si apparecchiò in assetto da battaglia, alti gli scudi da terra e perfettamente allineati, mentre le lance prominevano in avanti.
Allorchè le tre centurie furono tutt'e tre in marcia verso il vicino fronte nemico, i germanici si scagliarono con tutta la loro violenza iniziando a correre verso la compatta muraglia umana dei romani.
Le urla animalesche dei germanici ormai lanciati senza freno verso i conquistatori si fusero orrendamente con il rombo cadenzato del passo militare delle tre centurie romane in avanzata, sullo sfondo delle buccine romane il cui suono costante e martellante ricordava le trombe bibliche sotto le mura di Gerico.
Nel momento in cui i due schieramenti, forti di centinaia e centinaia di uomini da un lato e dall'altro, si apprestavano alla carneficina, esattamente un secondo prima del boato di urla e del clangore di scudi ed armi che avrebbe segnato l'inizio dello scontro apocalittico fra le due nerborute formazioni, improvvisamente scese il silenzio e una fitta nebbia coprì tutto.
Sembrava essere sparito tutto, come inghiottito dal nulla.
Dalla nebbia silenziosa, in cui non vi era più traccia nè dei romani nè dei barbari, uscirono timidamente due strane figure.
Man mano che la nebbia si diradava, le figure presero corpo.
Si trattava di Osama Bin Laden da un lato, e di Mike Bongiorno dall'altro.
Osama sfoggiava un preoccupante completino da perfetta danzatrice del ventre, con tanto di monetine penzolanti in zona cabasisi, mentre mike bongiorno era in giacca di frac e calzoncini da portiere della nazionale di calcio uzbeka.
I due si guardarono con fare circospetto, dopodichè iniziarono a volteggiare in un bel tango d'altri tempi.
I due si produssero in un angelico ocho doppio capriato e ribattuto, in cui Bongiorno con fare soave prese Bin Laden dalla barba e lo fece delicatamente roteare per aria, mentre quest'ultimo, in piena estasi creativa, uscì due scimitarre e iniziò a mulinarle per aria.
Mentre mike bongiorno tentava di riprodurre delle movenze da cherubino con l'unica gamba rimasta, dopo che bin laden gli aveva mozzato l'altra, ad un certo punto sullo sfondo della pista si vide Fiorello che armeggiava con qualcosa.
Lo showman stava tentando di forzare l'apertura di una lapa onde appropriarsene, ma la lapa, accortasi del malintenzionato, impennò e si dileguò.
Fiorello allora ripiegò su una 600 bicolore, avendo maggior fortuna nell'aprirla.
Proprio mentre la serratura stava per scattare, e quando che bin laden stava per mozzare l'ultima gamba di mike bongiorno, una luce accecante coprì tutto.
"Minchiùni! Le otto! Camurria Buttana, amunì amunìììììììììì".
Manuela Collas fu svegliata dalla luce che filtrava dalle finestre, ancora turbata per il sogno cui aveva assistito.
La sua sveglia, invaghitasi da poco tempo di un'assistente di volo dell'Alitalia, per solidarietà con l'oggetto dei propri desideri quella mattina aveva deciso di proclamare sciopero ad oltranza.
Collas quindi si alzò e si constrinse a lasciare il letto, e nell'uscire dalla stanza si girò ancora una volta a guardarlo, con un'espressione tra il malinconico e l'innamorato.
Ancora con la mente al mistero della Lapa semovente autoimpennante, Manuela Collas si versò distrattamente un quarto di latte in un bicchiere: quel giorno la attendeva una missione importante, ma non riusciva ancora a ricordare di cosa si trattasse.
Sapeva solo che si doveva svegliare alle sette.
Alle otto e dieci squillò il telefono, e Collas iniziò a santiare malamente.
"Pruoooooooonto, ma chi minchia é che scassa i cabasisi a quest'ora del mattino?"
"Collas, se é vero che chi dorme non piglia pesci, fosse per lei astura ci fussiru ancora i balene ndo mediterraneo"
Tutto le fu chiaro in un baleno: quel giorno arrivava da Catania il dottore Horus, che ora era lì al telefono.
Dovevano andare in missione sul monte pellegrino fingendosi una placida coppia di innocui gitanti: avrebbero dovuto in realtà indagare sul misterioso punteruolo rosso evaso nottetempo dalle celle di massima sicurezza poste nei seminterrati del max living.
Il simpatico animaletto aveva deciso di collaborare con la giustizia e di rivelare i nascondigli dei famelici coleotteri. Con questa sparizione, i due investigatori rischiavano di trovarsi di fronte al primo caso di lupara bianca su un punteruolo rosso.
"Minchia dottore! la sveglia si scassò!"
"Collas, lei si amminchiò con la sveglia, io mi amminchiai col prummann!" Il tono di Horus non lasciava dubbi sul fatto che avesse avuto un qualche disguido con il mezzo. Collas sapeva che nell'arco di pochi istanti sarebbero iniziati i iochi ri focu verbali del Dottore di quando ha la luna storta, e perciò s'assittau pacenziusa.
"Stamatina m'arrisbigghiai con le iaddine, quasi quasi stava facennu l'ovu macari iù! e tutto ciò per prendere il pullman delle sei!"
La situazione era grave....Manuela Collas ripensava tra sè e sè alla frase di Horus..."e tutto ciò per prendere il pullman delle sei"...aveva detto proprio così, e la cosa era parecchio grave...perchè se il Dottore Horus passava, nel corso di una stessa frase, dal catanese all'italiano fino voleva dire che aveva le santemadonne malamente di traverso sul serio.
"Minchiuni! Alle sei disse? Ma allora tanto valeva che manco si curcava!"
"Alle sei, alle sei! E lo vuole sapere dove sono adesso?" Il suo tono si era fatto pericolosamente calmo....arrivava la bufera.
"Sono ancora in una minchia di trazzera della minchia della provincia della minchia di Enna! Chiusero l'autostrada per via di una minchia di incidente! Qua io a Palermo ci arrivo per la vigilia della santa minchia! Se ne parla minimo minimo minimo alle undici di arrivare!!!"
Collas in quel momento sentì che il suo sguardo si era fatto rapace, come di aquila che inquatra un surgio appena fuiuto dalla tana, mentre fissava con fare concupiscente il suo letto...."Alle undici disse?"
"Alle undici, alle undici dissi! Sempre se il santo Universo non decide di cadermi addosso stamattina!!!", e giù una variegata serie di santioni.
"Minchia dottore, mi dispiaceeeeeeeee". Quel tono di circostanza come a dire che era dispiaciuta, Collas sapeva bene che non avrebbe convinto molto, ma era il meglio che date le circostanze era riuscita a tirare fuori.
Il dottore era troppo amminchiato per farci caso, e la salutò velocemente: "mi raccomando Collas, puntuale alle undici! Sempre che la minchia dell'Universo non si amminchia a cascarmi sulla minchia di testa!".
"Ok dottore! Alle undici! Nel frattempo ne approfitto per dare un'ultima occhiata alla pratica del punteruolo fuggitivo!"
Neanche dieci minuti dopo, Fiorello aveva già ripreso ad armeggiare con la seicento.

(continua)


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