pubblicato su Orion Gates (Netlog), 6 dicembre 2008
I giocolieri di strada sono dei folli perfettamente lucidi, che riescono a vedere il reale colore della vita. Sono dei folli privilegiati, privilegiati per il fatto di non essere illuminati da alcuna luce, nè di essere loro stessi portatori di luce. Loro sono i signori dell'intero spettro di colori.
A lungo mi sono chiesto dove fossero finiti i colori della vita, sin da quando, ad un certo punto del mio percorso, il mondo attorno a me iniziò a tingersi di grigio e di quotidianità.
Come se la scheda video del monitor della mia anima stesse iniziando a sballare...a poco a poco il colore iniziava a spegnersi a macchia di leopardo, sostituito da tessere di mosaico di non-colore grigio.
Fu allora che iniziai a chiedermi: ma i colori, quando muoiono, dove vanno? Chi li raccoglie? Cadono forse come le stelle da qualche parte?
E i sorrisi? I sorrisi dove vanno quando si spengono?
Vengono raccolti dai giocolieri, che li intessono in forme nuove ed arlecchinesche e gli danno nuova vita, come se loro fossero gli angeli custodi del paradiso dei colori e dei sorrisi del mondo.
Ricordo che era notte e faceva freddo, forse nevicava, in uno strano quartiere iperfuturista di quella grande città straniera e lontana.
Mi piaceva vedermi vestito con pantaloni di mille colori ed una lunga giacca nera sdrucita, ed un austero capello a cilindro anche quello nero, quasi a voler assumere un'aria di giocosa serietà.
E come volteggiavano bene in aria le mie palline colorate, ma chissà dove e quando avevo imparato ad essere così bravo! Io, che al massimo mi diverto a far volteggiare per aria un paio di arance ogni tanto...
C'era silenzio assoluto, c'era solo il suono di quei mille colori.
Insieme a me, poi, c'era una donna che non avevo mai visto e che non avrei mai più rivisto nella mia vita: Nostra Signora dei colori, l'avrei chiamata.
Male in arnese peggio di me, questa ragazza clochard era tutta la mia platea in quella fredda e buia notte dell'inverno parigino, e mi applaudiva divertita.
Iniziai anche a fare il mimo, con tutta una serie di faccine e mossette degne del miglior Michel Marceau...che strano contrasto, Arlecchino nella terra di Pierrot, come se gli avessi rubato la scena.
Se in quel momento mi avessero chiesto da quanto tempo stavo in strada, avrei risposto senza esitazione "da una vita"...
Di quella notte, ricordo con assoluta chiarezza il più totale silenzio...nessuno parlava, solo i colori parlavano.
Poi, qualcosa di stranamente stupendo accadde...iniziammo a danzare una specie di valzer muto, improvvisando passi che nessuno dei due conosceva.
A vederci, si sarebbe detto che eravamo la reclame della spensieratezza: due arlecchini semiseri, che sembravano usciti dritti di filato da un testo di Dario Fo o forse da un film di Fellini...con le pezze al culo, la Vita ci aveva eletti suoi ambasciatori inconsapevoli.
E ricordo anche che, mentre volteggiavamo in questa estemporanea danza, all'improvviso non ho più sentito il pavimento sotto i piedi...una botola, forse.
Ma non quadrava una cosa: anzichè essere scesi, eravamo saliti.
Eh sì: perchè non ci eravamo accorti che stavamo già volteggiando per aria, come dei trapezisti senza funi nè trapezi.
Avete presente il moto browniano? ecco, sostituite alle molecole due macchie di colore perse nel buio della notte. Stessa scena.
Ricordo che quel pomeriggio, quando mi svegliai all'improvviso, non potei trattenere il pianto. Era giugno inoltrato.
Era talmente lucido, quel sogno, che quando mi svegliai pensai di essermi addormentato di botto nella notte di Parigi e di avere iniziato in quel preciso momento, a sognare.
Avevo stampato il viso di Nostra Signora dei colori in mente, e piangevo implorandola di tornare. Sentivo ancora il freddo della notte parigina, e piangevo. Pensavo ai miei colori, e piangevo.
A lungo mi domandai: perchè una cosa tanto crudele? perchè svelarmi la mia anima, per poi nascondermela di nuovo?
A lungo, ripensai a quel sogno. A lungo mi domandai chi fosse Nostra Signora dei colori. A lungo sono stato convinto che quello non fosse solo un sogno, e tuttora ne sono convinto.
Anche adesso, che ho il cuore gonfio di malinconia nelle mie sere invernali.
Che mi mancano i miei colori. Che mi mancano i miei sorrisi.
Che tutto si spegne attorno a me lentamente.
Ma cosa volete che vi dica, del resto...io sono solo un giocoliere.
HORUS
Benvenuti alle Porte di Orione
"No time, no space, another race of vibrations..."
Una dimensione parallela, in cui il tempo cessa di scorrere e lo spazio non ha più alcun significato.
In realtà, nulla ha un significato proprio, oltre quello che noi gli attribuiamo o che crediamo di conoscere.
Sono Horus Der Wanderer, e sulla rotta tracciata dagli occhi di smeraldo dell'antico Gabbiano, scivolando sull'onice del Cielo e proseguendo oltre le miniere d'argento della settima Luna, Iside mi svelò la via della costellazione mitologica ove adesso vago.
Molti ho incontrato sul mio cammino, che avevano smarrito la propria via o semplicemente ne cercavano una nuova.
Io sono colui che accompagna attraverso i varchi dell'Esistenza.
Benvenuti alle Porte di Orione.
Horus il Viandante.
Una dimensione parallela, in cui il tempo cessa di scorrere e lo spazio non ha più alcun significato.
In realtà, nulla ha un significato proprio, oltre quello che noi gli attribuiamo o che crediamo di conoscere.
Sono Horus Der Wanderer, e sulla rotta tracciata dagli occhi di smeraldo dell'antico Gabbiano, scivolando sull'onice del Cielo e proseguendo oltre le miniere d'argento della settima Luna, Iside mi svelò la via della costellazione mitologica ove adesso vago.
Molti ho incontrato sul mio cammino, che avevano smarrito la propria via o semplicemente ne cercavano una nuova.
Io sono colui che accompagna attraverso i varchi dell'Esistenza.
Benvenuti alle Porte di Orione.
Horus il Viandante.
lunedì 22 dicembre 2008
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